- da un’idea di Laura Novellini
- di Pinuccio Bellone e Laura Novellini
- regia: Pinuccio BELLONE
- personaggi ed interpreti:
- BONA DI SAVOIA: Cristina Viglietta
- ACHILLINA: Antonella Gosmar/Barbara Gallesio
- LUDOVICO IL MORO: Marino Gandolfo
- MARGHERITA: Agnese Fissore
- CICCO SIMONETTA: Piero Lingua
- ANTONIO TASSINO: Stefano Sandroni
- GIAN GALEAZZO: Andrea Tavella
- GALEAZZO MARIA: Giovanni Oggero
- TADDEO: Franco Porrera
- MARIA: Lidia Ravera
- LUCIA: Giulia Giaccardi/Annamaria Canuti
- SEBASTIANO BAVA: Walter Lamberti
- ANTONIO BAVA: Gianpiero Longo
- IL MEDICO: Sergio Bossolasco
- IL PRETE: Aldo Demontis
- IL PENSIERO: Elena Longo/Arianna Berta
- IL BENE: Riccardo Oitana
- IL MALE: Massimo Trono
- audio/luci:
- Pinuccio BELLONE
- Costumi: SILVANA BERTOLINO – AURELIA ANGELI
- Coreografie: RICCARDO OITANA – ELENA LONGO
- La voce fuori campo: ENZO BRASOLIN
“Abbiamo cercato di capire, al di là delle vicende storiche, quale potesse essere lo stato d’animo di una donna abbandonata a se stessa nel 1500 e quale ruolo giocarono le persone che ebbero a sfiorare la sua esistenza. Ne abbiamo tratto un lavoro che cerca, attraverso la musica, le luci ed i dialoghi scarni, di tracciarne un profilo intimo, doloroso, nudo. Un omaggio ad un personaggio affascinante e poco conosciuto che, per diversi anni, ha toccato la storia della nostra città…seppur in modo triste e tragico, la DUCHESSA BONA DI SAVOIA”.
CHI ERA “DUCHESSA”
Duchessa: Bona di Savoia (Avigliana 1449 – Fossano 1503)
Bona di Savoia, nobile di casata, undicesima figlia di Ludovico di Savoia e di sua moglie Anna di Lusignano, trascorse la propria infanzia nel castello di Amboise alla corte del Re di Francia, di cui era cognata.
Per ragioni di alleanze e di equilibri politici sposò per procura, nel 1468, il Duca di Milano Galeazzo Maria Sforza. A Milano venne a contatto con un mondo incantato che presto la conquistò.
Amò con dedizione, come si conveniva ad una nobildonna del suo tempo, quel suo sposo di forte carattere, ma di costumi dissoluti. Pur gelosa dei frequenti tradimenti, accettò di tenere a corte i quattro figli illegittimi avuti dal marito prima del matrimonio e altri quattro gliene diede; fu madre esemplare ed amorevole. Il giorno in cui i congiurati le assassinarono il marito, nel 1476, fu per lei un lutto disperante.
Presagendo sventure e consapevole del pericolo rappresentato dai cognati per la successione al ducato, insieme al fidato consigliere Cicco Simonetta, prese misure difensive per scongiurare il peggio.
Tanto fu determinata e forte a difendere il diritto alla successione del suo primogenito Gian Galeazzo, ancora bambino, quanto fu fragile e ingenua nel lasciarsi incantare ed adulare dal cognato Ludovico il Moro.
Subì l’affronto di oscure accuse, le fu sottratto il figlio, fu allontanata e segregata, minacciata, guardata a vista, esautorata di ogni potere.
Avvilita e sdegnata rinunciò alla tutela del figlio e, con la promessa di un cospicuo appannaggio, lasciò Milano.
Distrutta nell’animo non trovò più pace. Pianse il figlio prediletto morto precocemente, sospettando fortemente l’avvelenamento da parte di emissari del Moro. Non poté mai riabbracciare quel suo figlio adorato, non conobbe la nipotina primogenita che morì piccolissima, né altri della propria discendenza.
Nella tenuta di Fossano trascorse gli ultimi tre anni di vita, costretta a mendicare aiuti economici presso il nipote Filiberto di Savoia. Dimenticata e sola, si confortava pregando e raccomandando l’anima a Dio. Si spense nell’indifferenza il 23 novembre 1503. Il mondo in cui era vissuta l’aveva cancellata da tempo e solo due miseri ceri illuminavano la sua semplice bara. Le cronache dell’epoca narrano che il ponte del castello, al passaggio del feretro, cedette ed il corpo della Duchessa caduto nel fossato non fu mai ritrovato. Ancora oggi si narra che il suo fantasma vaghi per le stanze del castello in cerca della tanto agognata pace.
Laura Novellini
NOTE DI REGIA
Abbiamo cercato di capire, al di là delle vicende storiche, quale potesse essere lo stato d’animo di una donna abbandonata a se stessa nel 1500 e quale ruolo giocarono le persone che ebbero a sfiorare la sua esistenza. Ne abbiamo tratto un lavoro che cerca, attraverso la musica, le luci ed i dialoghi scarni, di tracciarne un profilo intimo, doloroso, nudo, raccontato dai gesti e dal “linguaggio strano” di Achillina, unico personaggio inventato, e dalle movenze del pensiero di Bona, interpretato dalla danzatrice.
I personaggi non indossano abiti d’epoca, ma sono “vestiti” con i costumi neri, disegnati da Rossella Ravera, resi diversi tra loro semplicemente da una fascia colorata: bianca per la bontà, rossa per la cattiveria.
Il primo atto è ambientato a Milano nel 1479, all’interno del Castello Sforzesco. Duchessa teme per la sorte del Ducato di cui è reggente per conto del figlio. La figura del potente ministro di corte, Francesco Simonetta, detto Cicco, si fa sempre più pressante sulle decisioni della Duchessa. Ma Bona è soprattutto timorosa del cognato, Ludovico Maria Sforza, detto “il Moro”, pronto a tutto pur di riavere il governo del ducato. Ludovico, costretto all’esilio a Pisa dal ministro Simonetta, con l’aiuto di Antonio Tassino, giovane ferrarese di cui Bona è innamorata, riesce a far pressioni sulla Duchessa che, cedendo alle sue insistenze, gli affida le sorti del governo milanese. Le ripercussioni sono immediate. Cicco viene arrestato e decapitato, il figlio Gian Galeazzo estromesso dalla reggenza e poi ucciso, Antonio Tassino allontanato e la Duchessa esiliata ad Abbiategrasso, poi a Pavia ed infine a Fossano.
Ed è proprio nel castello fossanese che si snodano le vicende del secondo atto. Bona, esiliata e dimenticata, è sola e distrutta dal dolore. Il castello viene sistematicamente depredato e la Duchessa può contare sulla fedeltà e la devozione di poche persone.
Bona di Savoia muore, probabilmente avvelenata, urlando la propria rabbia, la disperazione e tutto il rancore che prova verso il cognato Ludovico, artefice delle sue sciagure e del suo triste destino.
Un omaggio, il nostro, ad un personaggio affascinante e poco conosciuto che, per diversi anni, ha toccato la storia della nostra città…seppur in modo triste e tragico.
Pinuccio Bellone