Vincitori della VII edizione 2021
1° Classificato
GIUSI ARIMATEA
UNA VITA A COTTIMO
Giornalista, critico teatrale iscritta all’ANCT e insegnante di materie letterarie nella scuola secondaria di secondo grado.
La sua formazione umanistica, conclusi gli studi universitari in Lettere moderne e Scienze storiche, si pone al servizio d’ogni esplorazione e lavoro in ambito artistico-culturale.
Nel settore giornalistico (cartaceo e online) si occupa prevalentemente di teatro, cinema, letteratura, arte, cronaca e sport.
Prolungamento accademico specifico dei settori cinematografico e teatrale sono i percorsi di sceneggiatura, scrittura per corti e drammaturgia.
Ha scritto saggi storici, testi per il teatro, soggetti, sceneggiature, dialoghi di cortometraggi e film.
SINOSSI
Una lampadina accesa. Luogo che trasuda miseria. Un uomo siede e rammenda un paio di calzini.
Rammendare con le proprie mani è allungare la vita delle cose. È lavoro manuale che concorre al
risparmio. Così è stato insegnato a Vincenzo, figlio unico e orfano di padre; sulle sue spalle il peso della famiglia.
Vincenzo è succube della madre, donna avara che pretende il figlio non si risparmi nel lavoro e le consegni per intero il salario.
Le parole di questa donna echeggiano ancora adesso nella mente del figlio, cresciuto secondo i suoi dettami, lavorando e accumulando. Lo spreco a generare sensi di colpa.
Scandito dalla luce fioca della lampadina, da spegnere tutte le volte che non serve, il suo passato: l’infanzia, l’adolescenza a desiderare; poi una vita intera a lavorare, per non godere mai del guadagno, di un solo istante di vita.
Vincenzo non ha potuto permettersi l’amore di una donna, troppo dispendioso. Non ha coltivato amicizie, non ha studiato, non ha viaggiato. Non ha, in una parola, vissuto.
Unico scopo il denaro, del quale sul limitare dell’esistenza gli sfugge persino il senso.
Tra i ricordi l’affannosa ricerca dell’approvazione materna, dell’affetto mancatogli, in un gesto: il suo primo e unico regalo. Quel rossetto, inessenziale, che la madre gli aveva imposto di restituire perché potesse avere indietro il denaro.
Vincenzo è stato schiacciato dal senso di responsabilità, dal carattere severo e prevaricatore della madre.
Un rapporto tra i due malato e simbiotico al punto tale da aver reso l’uomo avaro come lei, da averlo costretto alla miseria, alla solitudine rassegnata.
Vincenzo suscita compassione. È genuino, ingenuo, mite, pudico, lievemente effeminato (sessualità inespressa).
Il peccato capitale dell’avarizia, commesso per ereditarietà, è solo la conseguenza di quella debolezza che ne ha condizionato l’intera esistenza.
Il corto teatrale notifica una serena accettazione, salvo poi virare sull’insensatezza di un vivere a cottimo, triste come è triste la rinuncia alla vita.
La ribellione tardiva in un atto: passare sulle proprie labbra quel rossetto mai restituito. Un senso di rivalsa o il ben più amaro convincimento d’essere diventato lei?
Le ultime parole di Vincenzo riportano a un sorriso e al gesto del dare, titanica impresa dell’avaro.
La chiave di lettura del tema è la focalizzazione sulle scaturigini psicologiche, sul dramma intimo del protagonista, sulla sua umanissima “miseria”.
L’avaro vittima dell’avarizia e l’avarizia come assenza di vita, come vita non vissuta.
Una voce forte, credibile e convincente che squarcia un velo su piccole tragedie destinate a restare nell’ombra. Una voce, quasi un borbottio mentale, che rimugina, ripercorrendone i momenti salienti, una vita rimasta tra parentesi. Un monologo sensibile e delicato nel quale ognuno troverà qualcosa in cui, proprio per l’umanità pulsante che dal testo trapela, si riconosce.
2° classificato
FEDERICA CUCCO
ORLANDO
Inizio il mio percorso artistico presso il Teatro Comunale di Carpi, partecipando al laboratorio “Fare Teatro”. Successivamente mi interesso maggiormente al teatro contemporaneo e frequento il corso di teatro Arti Vive presso il Nuovo Cinema Teatro Italia di Soliera (MO).
Divento assistente alla regia e alla drammaturgia di Stefano Cenci, direttore artistico del teatro di Soliera.
Partecipo a diversi laboratori tenuti da gli Omini, Dimitri Canessa, Giulia Tollis, Giorgio Sangati, Roberto Cavosi, Eleonora Pippo.
Fondo la mia compagnia teatrale “Compagnia Le Lucciole di cui curo ogni testo e regia. Frequento workshop presso la Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi e collaboro con ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione mettendo in scena una serie di spettacoli originali insieme ai ragazzi dell’istituto E. Fermi di Modena.
SINOSSI
12 Giugno 2016. Una serata caldissima, persone in fila per entrare in un locale, con la12 Giugno 2016. Una serata caldissima, persone in fila per entrare in un locale, con lavoglia di ballare fino a vedere l’alba insieme. Una manciata di minuti. 49 vittime. Orlando. Unmonologo che riporta alla mente e alla pancia la vita di una delle vittime di un tremendo attentatoche ha coinvolto in maniera diretta la comunità LGBTQ+. La vergogna provata da una padre, lechiamate nascoste, i “mi manchi sussurrati”. La paura di amare, semplicemente, di amare. 12 Giugno 2016. Orlando.
MOTIVAZIONE:
Intenso, conciso, efficace, il testo arriva dritto al bersaglio bloccando il respiro di chi legge. L’autrice tesse con un filo tenue la sua tela, su cui prende forma in pochi tratti l’imprevisto epilogo, spudoratamente ingiusto come spesso è la vita. Parole semplici, cristalline, che descrivono un’esistenza interrotta ben prima della fioritura, come a volte succede, più spesso di quanto non si creda.
3° classificato
MARIA NICOLOSI
SENZA SE E SENZA MA
Sono un’insegnante di scuola primaria alle soglie della pensione e non ho alcun curriculum da presentare, in quanto priva di titoli di studio e di esperienze precedenti nel campo della drammaturgia. Ho solo realizzato spettacoli teatrali, musical e cortometraggi con i bambini in ambito scolastico. Il testo che sto inviando è il mio primo tentativo di scrittura per adulti.
SINOSSI
Non di rado i propri conflitti interiori vengono scaricati su chi ci è più vicino fisicamente e affettivamente. “Senza se e senza ma” è un testo dialogico, incentrato sull’inusitato comportamento di un uomo ultrasessantenne, che coglie un pretesto assurdo per riversare sulla moglie una serie di accuse relative al suo modo di essere e per rinfacciarle come questo abbia condizionato la loro vita. Solo alla fine ammetterà che tale comportamento è derivato da una crisi personale, di cui la moglie non è responsabile; in questo modo, tuttavia, trasmetterà anche a lei la propria esigenza di riflessione.
Due personaggi prendono vita attraverso l’alchimia di un dialogo raffinato e ben articolato. Nel loro palleggio teso e vivace si delineano personalità, conflitti, ricordi e rimpianti. Emergono magicamente le tessere che permettono di ricomporre il mosaico di un’esistenza che i protagonisti hanno trascorso insieme, amalgamando con la loro ricetta unica affetto e incomprensioni.